I sali minerali, o più correttamente gli oligoelementi, sono sostanze le cui funzioni sono a noi conosciute solo in parte.
Tuttavia il manifestarsi nel corso del tempo di patologie dovute alla loro carenza o accumulo eccessivo ne ha messo in luce la loro importanza per l’organismo.
Riallacciandoci all’articolo sull’alimentazione nello sport pubblicato qualche settimana fa, qui cercheremo di capire meglio, appunto, come funzionano questi elementi e in che modo possono essere utili per l’organismo, anche in prospettiva di una loro corretta supplementazione attraverso l’uso degli integratori.
Macro-minerali e Micro-minerali
Le principali fonti di minerali disponibili in natura sono l’acqua, specie se minerale (alla quale dedicheremo un’opportuna trattazione), e gli alimenti, sia di origine vegetale che animale.
In base al quantitativo assunto normalmente attraverso un corretto regime alimentare, possiamo distinguere tra macro-minerali (sodio, cloro, potassio, magnesio, calcio, zolfo e fosforo) e micro-minerali (ferro, iodio, rame, zinco, fluoro, selenio, manganese, litio, molibdeno, nichel, silicio, cobalto, cromo).
Qui di seguito tratteremo le funzioni di alcuni di essi e in particolare di quelli contenuti nei principali integratori in commercio.
Il calcio
Concentrato nei denti e nelle ossa, il calcio svolge un’importante funzione plastica e concorre al mantenimento dell’equilibrio acido-base, alla coagulazione del sangue, alla trasmissione dell’impulso nervoso, alla regolazione della pressione arteriosa, all’attivazione degli ormoni e degli enzimi digestivi, nonché alla contrazione e al rilassamento delle cellule muscolari.
Il fabbisogno di calcio aumenta considerevolmente in certe situazioni fisiologiche (attività fisica intensa, gravidanza, accrescimento) e patologiche, come le fratture o l’immobilizzazione prolungata.
Il fabbisogno ottimale medio giornaliero di calcio è di circa 800 mg-1000 mg, ma in alcune particolari circostanze può arrivare sino a 1200 mg (nei giovani, nelle donne incinta e in fase di allattamento) e a 1500 mg nelle donne in menopausa senza trattamento con estrogeni.
L’uso di alimenti ricchi di fibre con elevato apporto di acido ossalico (come spinaci e pomodori), l’assunzione eccessiva di alimenti grassi, il fumo di sigaretta e l’abuso di alcool rappresentano le principali cause di riduzione dell’assorbimento di calcio da parte dell’organismo in assenza di patologie.

Questo provoca una “reazione” da parte del corpo che, al fine di rendere il calcio disponibile nel sangue e quindi nei tessuti, lo rimuove dalle ossa attraverso un processo di decalcificazione. Se non adeguatamente trattato tale deflusso di calcio dalle ossa può culminare nella riduzione della massa ossea e nella sua demineralizzazione.
I principali alimenti ricchi di calcio sono il latte ed i latticini, i legumi ed alcune acque minerali (le cosiddette “bicarbonato-calciche”). In genere negli atleti che hanno una alimentazione equilibrata non è necessaria alcuna supplementazione di calcio. Tuttavia per quelli che non riescono ad assumere latte e latticini attraverso la dieta, ad esempio per intolleranza ai medesimi, può essere necessaria una congrua assunzione di acqua bicarbonato-calcica in quantità adeguate.
La supplementazione di calcio (a basso dosaggio) attraverso l’uso di integratori dovrebbe essere gestita con estrema attenzione da parte di quegli atleti che ne sono carenti.
La supplementazione infatti può comportare alcuni rischi come ad esempio l’aumento dell’incidenza di alcune tipologie di calcolosi alle vie urinarie (calcolosi da citrato di calcio) o disturbi gastrointestinali.
Il fosforo
In combinazione con il calcio si trova nella ossa e nei denti, nei muscoli (creatinfosfato) e nel cervello (fosfolipidi). Il suo fabbisogno giornaliero è di un grammo circa ma, alcuni alimenti contenenti acido fitico (cibi integrali, broccoli..), l’abuso di alcool, nonché l’eccesso di calcio e magnesio, possono ridurne l’assorbimento intestinale. La carenza di fosforo, come il suo eccesso, è una condizione assai rara in un soggetto sano, per cui non occorrono integrazioni o manovre correttive.
Il magnesio

Il magnesio è un minerale intracellulare (ovvero si trova prevalentemente all’interno delle cellule) la cui carenza, proprio per la sua localizzazione, è poco frequente. Tuttavia il quantitativo giornaliero di magnesio che uno sportivo amatoriale dovrebbe assumere per far fronte al turnover fisiologico è al massimo di 0,5 gr. I cibi integrali, la frutta secca e i legumi in particolare ne sono ricchi.
Recenti evidenze scientifiche suggeriscono che sue carenze o sub carenze, possono essere correlabili alla fatica non fisiologica (la cosiddetta Sindrome da fatica cronica).
In alcune particolari condizioni di stress, programmi di allenamento eccessivamente prolungati e/o intensi possono causare una perdita notevole di magnesio che si manifesta con astenia generale, debolezza, crampi ed una generale tendenza all’overtraining o superallenamento.
Pertanto l’uso di integratori di magnesio è consigliabile in condizioni di elevato stress, associate principalmente alla perdita di acqua corporea sotto forma di sudore, e in allenamenti svolti in condizioni ambientali sfavorevoli (elevata temperatura e umidità).
Il ferro
Il ferro è uno dei minerali più conosciuti e ha un ruolo fondamentale nella composizione dell’emoglobina (proteina che trasporta l’ossigeno all’interno dei globuli rossi) e della mioglobina (che assorbe l’ossigeno all’interno dei muscoli). La sua carenza determina anemia microcitica o da deficit di ferro.
Le donne e gli sportivi sono generalmente più soggetti a tale forma di deficit: nello sportivo è legato alla maggiore distruzione di globuli rossi a seguito dell’impatto della pianta del piede con il terreno e della compressione nei piccoli vasi (dovuta alla contrazione muscolare) ma anche alla perdita di ferro attraverso la sudorazione, le urine o le perdite intestinali.
Tuttavia, più spesso, si osserva nello sportivo una forma di pseudo-anemia definita da diluizione, in quanto conseguenza dell’aumento della parte fluida (non corpuscolata) del sangue come fenomeno adattativo positivo al training.
La sua supplementazione deve essere dunque calibrata sia per evitare inutili sovraccarichi, sia per scongiurare fenomeni tossici derivati da sovradosaggi; non dobbiamo infatti dimenticare che il ferro può essere tossico, se somministrato in quantità eccessiva, in quanto tende ad essere accumulato e non smaltito facilmente attraverso le feci o le urine.
Il ferro più assimilabile è contenuto all’interno delle carni mentre quello contenuto nei vegetali e nell’uovo è, in generale, meno disponibile. Il ferro, specie se contenuto nei vegetali, può essere reso più disponibile con l’aggiunta di vitamina C (ad esempio con l’uso di succo di limone come condimento).
La quantità ottimale da assumere è di circa 10 mg al giorno nell’uomo e il doppio nella donna in stato premenopausa. In genere non sono necessari supplementi di ferro nello sportivo amatoriale maschio mentre può essere integrato nell’atleta femmina, quando si evidenziano carenze specifiche (attraverso opportuni test ematici), preferibilmente secondo indicazioni mediche.