Effetti della creatina e supplementazione

cover effetti creatina

PRIMA PARTE —> Creatina: tratti chimici e biologici

Come lavora la creatina nei confronti dell’ipertrofia

La creatina svolge numerose attività nel nostro corpo. Di seguito elenchiamo le principali (dimostrate) azioni della creatina a livello muscolare:

  • la prima azione della creatina si sviluppa a livello cellulare dove, esercitando una funzione osmotica, idrata fortemente la cellula muscolare. La forte idratazione è foriera di anabolismo. Favorendo anche l’accumulo di glicogeno cellulare, l’azione di idratazione della medesima molecola si va a sommare a quella procurata del glicogeno che, com’è noto, è osmoticamente attivo;
  • aumenta la secrezione di fattori di crescita (IGF1 ovvero Insulin-like growth factor) e fattori di crescita meccanici (MGF ovvero Mechano growth factor), implicati attivamente nello sviluppo muscolare;
  • aumenta l’ATP muscolare. Una parte degli studi sullo sviluppo muscolare considera importante la pauperizzazione di ATP, con trasformazione in ADP, come stimolo della crescita. E’ dunque evidente che più ATP disponibile si riflette in uno stimolo anabolico indiretto;
  • azione antiossidante e quindi protettiva della degradazione proteica;
  • aumento della forza muscolare che può essere legato direttamente all’ipertrofia attraverso una tensione maggiore delle fibre (principio di Hanneman).

La creatina e l’effetto sulla miostatina

La miostatina è una proteina cellulare, di recente scoperta, che limita lo sviluppo muscolare scheletrico. 

Uno studio ha dimostrato che la creatina possa ridurre la miostatina plasmatica e conseguentemente migliorare l’ipertrofia muscolare, aumentando l’effetto ipertrofico dell’esercizio contro resistenza.

Creatina ed altri effetti muscolari

Un interessante effetto della creatina è relativo al miglioramento della funzione muscolare nei soggetti malati di fibromialgia, in particolare della forza muscolare.

Azioni non muscolari e terapeutiche della creatina

Come già accennato, la creatina è un antiossidante che può apportare protezione nei confronti dei radicali liberi, in particolare dello ione ossidrile. Parzialmente collegato all’effetto antiossidante vi è l’effetto neuroprotettivo, evidenziato in modelli sperimentali di diverse patologie come il Morbo di Parkinson, la corea di Huntington e nella sclerosi laterale amiotrofica (patologia che interessa i neuroni motori). Tuttavia nell’uso terapeutico occorre cautela poiché trattasi di modelli animali sperimentali.  

Un altro effetto degno di nota è l’abbassamento dei livelli di omocisteina, metabolita tossico dell’amminoacido metionina. L’omocisteina elevata è stata collegata ad alcune forme tumorali, malattia di Alzheimer e alcune malattie cardiache.

La creatina, partecipando alla produzione di energia, protegge da danni celebrali, da ipossia e determina miglioramento della memoria ed una riduzione dell’affaticamento mentale.                                                

La supplementazione di creatina può essere di aiuto nei soggetti malati, con scarso appetito, aumentando la fame e la scarsa assunzione di nutrienti.

Tutti rispondono efficacemente alla creatina?

Si è potuto osservare che non tutte le persone traggono beneficio muscolare dall’assunzione di creatina.  

Si calcola che il 20-30% della popolazione non riesca a raggiungere adeguati quantitativi cellulari di creatina e non ne tragga beneficio in termini di ipertrofia: è la popolazione anziana quella che più spesso risulta non responder.       

Le donne, inoltre, sono meno responsive degli uomini agli effetti muscolari della creatina.

Sebbene i meccanismi di tale refrattarietà non siano noti, si è potuto appurare che è proprio l’esercizio fisico a migliorare la sua concentrazione cellulare e gli effetti muscolari.

Inoltre, si è evidenziato nel tempo che più il soggetto è muscoloso (e ricco di fibre a contrazione rapida ovvero le fibre II) più beneficia, in termini muscolari, dell’assunzione di creatina.

Quando assumere la creatina

Posto che adeguati quantitativi devono essere preferibilmente assunti attraverso più somministrazioni nella giornata, è il momento peri-allenamento ad essere particolarmente importante.

Secondo alcuni autori, assumere la creatina prima di un allenamento potrebbe non essere la soluzione migliore poiché, come già detto, la creatina è un potente antiossidante, protettivo sui muscoli e ciò cozza apertamente con la necessità di insultare efficacemente un muscolo, attraverso l’allenamento, al fine di ottenere ipertrofia.                                                                                                                                                           

La fine dell’allenamento è teoricamente un buon momento per assumere creatina, ma dobbiamo sempre tener conto dei tempi di assimilazione che potrebbero non garantire il raggiungimento del picco di assorbimento nel giusto momento.

Per superare questa problematica è conveniente assumerla verso la fine di un allenamento, tenendo sempre in considerazione che, in buona parte, è la quantità globale muscolare (accumulata nelle precedenti assunzioni) a determinarne l’effetto finale.

Diversi studi hanno stato dimostrato che il contesto alimentare migliore con cui assumere creatina è un pasto a base di carboidrati e proteine.

Creatina e caffeina 

Sebbene l’associazione di creatina e caffeina sia da tempo considerata sconveniente, un recente studio ha sottolineato come l’attivazione muscolare, derivata dall’associazione caffeina-creatina, sia più efficace rispetto a quella ottenuta dalle singole sostanze.

L’idea che le due sostanze sono incompatibili è nata dalla considerazione che la caffeina è diuretica, mentre la creatina basa il suo effetto nella idratazione cellulare: due effetti antitetici, evidentemente. Sebbene anche uno studio abbia evidenziato tale interazione, non sono però emerse evidenze negative sulla prestazione legate a tale associazione.

Considerando la farmacologia della caffeina si può senz’altro asserire che il suo effetto diuretico è minimo e molto probabilmente non sufficiente ad antagonizzare quello ritentivo della creatina.

In ogni caso, lo studio di cui sopra è stato condotto molti anni fa e per questo può essere considerato superato. Per eccesso di zelo, si consiglia di assumere caffeina solo immediatamente prima della prestazione ed aumentare il consumo di acqua nella giornata.                                                             

E’ stato peraltro suggerito di evitare la contemporanea associazione tra queste due sostanze, in seno alla medesima assunzione: ciò al fine di ridurre l’effetto negativo della stimolazione gastrica operata dalla caffeina che finirebbe, attraverso l’abbassamento del pH, con l’alterare la stabilità della creatina nello stomaco. 

La creatina è davvero sicura?

Molti studi, nel tempo, hanno dimostrato l’elevata sicurezza degli integratori a base di creatina. Una prima accusa che è stata ripetutamente rivolta alla creatina era relativa al presunto legame tra l’assunzione della medesima e il danno renale.

Gran parte delle affermazioni scaturivano dalla possibilità che la creatina potesse innalzare il valore di creatinina plasmatica, noto marker della funzione renale. Tuttavia, è stato rilevato che gran parte degli innalzamenti di questo valore non erano indicativi di un deterioramento della funzione renale e considerati falsi positivi. 

Se è vero che l’uso di creatina su soggetti con insufficienza renale cronica potrebbe non essere completamente sicuro, non è altrettanto vero che nei soggetti con funzione renale normale possa rappresentare un problema, a patto di seguire un protocollo di somministrazione che preveda dosaggi massimi sicuri, consigliati dal Ministero della Salute, in particolare se l’assunzione è prolungata nel tempo.

Un certo numero di utilizzatori di creatina può riscontrare disturbi a livello gastrointestinale, come il gonfiore e la diarrea. Gran parte di questi effetti dipende dalla attività osmotica della molecola che si manifesta nell’accumulo di liquidi a livello endoluminale.

L’accumulo di liquidi a livello dell’intestino, specie se molto elevato, può sfociare in scariche diarroiche. La soluzione più congrua appare ridurre la dose ed aumentare, eventualmente, la frequenza di assunzione.

La diluizione intracellulare e i più serrati spazi tra le cellule, conseguenti alla forte idratazione intracellulare e turgore derivato, sono stati aneddoticamente collegati, rispettivamente, ai crampi muscolari e a strappi. Tuttavia, sebbene teoricamente possibili, non sono mai stati dimostrati definitivamente.

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Creatina: tratti chimici e biologici

creatina tratti chimici e biologici 3

In questo articolo forniremo una serie di informazioni su un noto integratore, la creatina.

Lo faremo, però, con un taglio particolare: non sarà un semplice elenco di effetti più o meno noti della sostanza, nè tantomeno una serie di consigli sui corretti quantitativi da assumere, ma una trattazione dei suoi caratteri chimici e biologici.

Solo grazie a queste basi, infatti, è possibile avere una comprensione più ampia di questo integratore e dei suoi meccanismi.

Questa prima parte, più tecnica e complessa, è rivolta soprattutto agli esperti; mentre la seconda sarà più pratica e di facile comprensione.

Sebbene più complesso, questo primo articolo è comunque interessante ed è fonte di informazioni pratiche su come gestire la scelta e la somministrazione di questo integratore.

Generalità

La creatina è un composto non proteico a struttura aminoacidica che si trova principalmente (95%) nei muscoli sotto forma di fosfocreatina e in parte allo stato libero.

In particolari condizioni di contrazione muscolare ad elevata intensità e brevità (via anaerobica alattacida), la fosfocreatina fornisce il gruppo fosfato all’ADP rigenerando l’ATP.

L’ATP è il punto di convergenza dell’energia fornita dai nutrienti (zuccheri, grassi, proteine) ed è in grado di attivare molte azioni e reazioni che avvengono nella cellula, compresa la contrazione muscolare.

Nella figura seguente è riassunto il ruolo della fosfocreatina nel contesto del sistema ATP e ADP.

Circa l’1-2% della creatina intramuscolare viene degradata in creatinina ed eliminata attraverso le urine. Proprio per questo motivo l’organismo ha bisogno di assumere da 1 a 3 gr di creatina al giorno (in base alla quantità di massa muscolare) per rimpiazzare la quantità di creatina persa.

La quantità di creatina fornita dall’alimentazione deve coprire circa la metà della quota persa, mentre la restante parte viene sintetizzata nel fegato e nei reni a partire da due aminoacidi precursori: l’arginina e glicina.

Le fonti alimentari più ricche di creatina sono la carne rossa ed il pesce.

Per la quantità di muscoli più elevata della media, gli atleti di forza e i bodybuilder potrebbero necessitare di quantitativi maggiori da assumere attraverso l’alimentazione.

Cenni di cinetica della creatina

La creatina è assorbita a livello dell’intestino tenue verso il sangue ed è trasportata all’interno della cellula attraverso un trasportatore chiamato Creat-T che funziona coinvolgendo il sodio e il suo gradiente tra l’interno e l’esterno della cellula.

Il gradiente di sodio è generato da una sorta di pompa chiamata “pompa sodio-potassio” che spinge fuori dalla cellula il sodio creando una forte differenza di concentrazione. Per questo alcune formulazioni di creatina prevedono l’aggiunta di sodio sotto forma di cloruro come corroborante.

Nella figura seguente è raffigurata la pompa di sodio che crea il gradiente che “trascina” la creatina attraverso il suo trasportatore (creat-T).

creatina

La proteina trasportatrice è saturabile e probabilmente si sensibilizza dopo un lungo periodo di assunzione della creatina. Conseguentemente non possono essere somministrati elevati quantitativi di questa sostanza pensando che tutto possa essere veicolato efficacemente all’interno della cellula, poiché il trasporto cellulare è appunto limitato.

Questo è un importante limite alla disponibilità cellulare della creatina. Inoltre, un uso prolungato sensibilizza il trasportatore e determina una riduzione dell’accumulo intracellulare.

La somministrazione di creatina è speso abbinata all’assunzione di carboidrati, in particolare al glucosio. Diversi studi hanno infatti dimostrato che tale abbinamento può influenzare positivamente l’accumulo intracellulare di creatina, probabilmente attraverso un meccanismo mediato dall’insulina.

L’effetto dell’insulina nei confronti del trasporto e accumulo della creatina è ascrivibile, probabilmente, al suo effetto stimolante nei confronti della pompa di scambio sodio-potassio sopra descritta.

Molti studi sono in disaccordo sul quantitativo ottimale di carboidrati da assumere, arrivando talvolta a negare l’efficacia di bassi quantitativi di carboidrati sull’accumulo cellulare della creatina.

Il problema della solubilità e la biodisponibilità della forma orale

La maggior parte delle sostanze, per poter essere assorbite a livello intestinale, devono solubilizzarsi in acqua. Quando si somministra una qualsiasi sostanza in acqua, questa può manifestarsi in due modi:

  • in soluzione ovvero in forma molecolare separata da molte molecole di acqua;
  • in sospensione ovvero in uno stato in cui diverse molecole si trovano aggregate tra di loro.

Nel primo caso la soluzione appare limpida mentre nel secondo caso appare torbida.

La creatina ha una bassa solubilità e alle dosi spesso consigliate si presenta come sospensione torbida in acqua. Solo la porzione solubilizzata verrà assorbita. Per questo motivo la biodisponibilità della creatina, ovvero la percentuale che raggiunge il sangue dall’intestino, è bassa.

La scarsa solubilità influenza enormemente anche la difficoltà nel miscelare la creatina con altre sostanze, specie se poco solubili, poiché questo influenzerà inevitabilmente la solubilità reciproca, diminuendola, con il c.d. “effetto sale“. Per questo motivo è conveniente assumere, in soluzione acquosa, creatina da sola.

La mega-dose di creatina

Oltre alla quantità che passa nel sangue, molto importante al fine dell’efficacia è, come già visto, l’efficienza del trasportatore (Creat-T) descritto sopra. Si è potuto notare che il quantitativo medio da somministrare, più che sufficiente per un efficace trasporto cellulare, è di circa 2 gr per dose.

Tuttavia, se è vero che il quantitativo ematico ottenuto anche con una dose più bassa (1 gr) possa essere buono, è pur vero che la concentrazione ematica decrementa velocemente rispetto ad una dose progressivamente più alta.

La mancata persistenza ematica di creatina per un periodo di tempo adatto potrebbe non garantire un completo accumulo di creatina cellulare ed è per questo che sono state formulate delle monodosi di creatina che contengono 20 gr o più di questo composto.

Se è quindi verificato che una dose unica di 20 gr possa avere una efficacia paragonabile a dosi più piccole reiterate, dobbiamo sempre fare i conti con la sua solubilità (quindi la quantità di liquido da assumere per poterla disperdere e solubilizzare), la forte pressione sugli organi deputati al suo smaltimento (reni, in primis), i notevoli effetti collaterali a livello gastrointestinale che tali dosaggi possono arrecare e, non da ultimo, la sensibilizzazione del trasporto cellulare più probabile con tali quantitativi.

La cangiante cinetica della creatina: il carico

Come più volte sottolineato, la creatina muta la propria cinetica di trasporto cellulare nel tempo.

Ciò è da ascrivere principalmente agli adattamenti (in negativo) che il sistema di trasporto subisce nel corso della sua assunzione, specie se protratta.

E’ proprio questo adattamento che ha condizionato la scelta di differenziare il periodo di somministrazione della creatina in due fasi:

  • una prima fase di carico in cui si ricerca la saturazione del trasporto con dosaggi più alti;
  • una seconda fase caratterizzata da un quantitativo minore giornaliero di creatina, per mantenere stabilmente le concentrazioni cellulari di creatina.

Quantitativi minori in soluzione possono ridurre drasticamente i disagi gastrointestinali, la pressione sugli organi emuntori nonchè la solubilità (quindi la biodisponibilità) e la stabilità molecolare in soluzione acquosa (vedi paragrafo successivo).

La stabilità della creatina

Una problematica assai discussa sulla creatina riguarda la sua stabilità in soluzione acquosa.

La creatina, in ambiente acido (stomaco, ad esempio), sebbene più solubile che in ambiente alcalino, tende facilmente a degradarsi nel suo prodotto inattivo creatinina.

Il tasso di degradazione, secondo alcuni autori, sarebbe importante e ha condizionato lo sviluppo di una innovativa forma di creatina, la Kre Alcalin®.

Questa innovativa forma consente, proprio per la particolare “protezione alcalina” che offre la formulazione, di poter essere somministrata efficacemente a dosi ben più basse della monoidrata, vantando una assoluta stabilità molecolare.

Tuttavia l’instabilità della creatina monoidrato in ambiente acido è tutta da dimostrare sia chimicamente (la spiegazione esula dall’obiettivo di questa trattazione) sia praticamente, in quanto dovrebbe essere suffragata dall’inefficacia della creatina assunta oralmente, cosa non verificata.

La degradazione della creatina in soluzione è in funzione della sua concentrazione e del tempo in cui vi risiede: più si è vicini alla saturazione maggior è la degradazione, più tempo starà in soluzione più si degraderà.

Per queste motivazioni occorre diluire il più possibile la soluzione e consumarla immediatamente dopo il suo allestimento.

L’ABC degli integratori alimentari proteici

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Come già accennato nel precedente articolo sul ruolo delle proteine nell’allenamento con i pesi, una fonte proteica di qualità, oltre ad essere substrato fondamentale per numerose attività metaboliche e ormonali, è essenziale per la riparazione dei tessuti, in special modo nel post-training.

Se è vero che il raggiungimento di certi quantitativi proteici giornalieri è importante per lo sviluppo muscolare e che ciò può essere ottenuto attraverso l’assunzione di alimenti ricchi di proteine ad alto valore biologico, tale pratica non è esente da problematiche.

In primo luogo l’assunzione di elevati quantitativi proteici attraverso le carni e i formaggi non può definirsi sicura ed equilibrata, in quanto tali alimenti sono spesso ricchi di grassi e anche portatori di tossine.

In secondo luogo una dieta di questo tipo, ricca di carne, pesce e latticini magri, può rivelarsi molto costosa in termini strettamente economici.

Da ultimo, non si deve sottovalutare la difficoltà di cucinare piatti di questo genere, specie se si passa gran parte del proprio tempo al lavoro o comunque fuori casa.

Anche per questi motivi gli intergratori alimentari proteici possono rivelarsi di grande aiuto per l’atleta.

Le proteine del siero o “whey protein

Come già accennato, le proteine di origine animale sono definite “complete” perché possiedono tutti gli amminoacidi essenziali; al contrario di quelle vegetali che invece non presentano uno spettro amminoacidico intergrale.

Una tipica proteina di origine animale è la proteina whey, cioè proviene dalla parte liquida traslucida del latte (più nota come siero) che costituisce il residuo del processo di produzione del formaggio (coagulazione e rimozione della cagliata). La separazione delle proteine dal siero avviene attraverso differenti tipi di trattamenti che danno vita a prodotti con differenti concentrazioni proteiche.

Le proteine del siero del latte sono le più usate nella fabbricazione di integratori alimentari proteici per sportivi.

Questo è dovuto in parte alle loro caratteristiche particolari, e in parte al costo contenuto con cui possono essere ottenute.

Le proteine del siero del latte si differenziano da molte altre perché presentano più elevati livelli di cisteina, un amminoacido noto come precursore della sintesi del glutatione. Quest’ultimo è all’origine della capacità cellulare di rimuovere i radicali liberi che possono formarsi durante l’allenamento.

latte e uova

Un’altra importante caratteristica delle proteine contenute nel siero del latte, molto utile all’atleta, è la stimolazione del sistema immunitario, con conseguente rafforzamento dell’attività antimicrobica dell’organismo. Non dobbiamo dimenticare che l’atleta, anche a causa dell’intenso e frequente lavoro fisico, può trovarsi in una depressione immunitaria temporanea che lo espone maggiormente alle infezioni.

L’elevata concentrazione di amminoacidi ramificati (BCAA-Branched Chain Amino Acid) consente alla proteina del siero di contrastare il catabolismo indotto dall’esercizio (il famoso “autocannibalismo”) specie se prolungato o non supportato da una adeguata quantità di nutrienti.

In numerosi studi la proteina whey ha mostrato una spiccata attività anabolica, anche se non prolungata nel tempo. In effetti l’incremento amminoacidico plasmatico, derivato dall’assunzione di una bevanda a base di sieroproteine, è rapido, consistente e poco prolungato, per cui l’assunzione di tale prodotto può utile al risveglio (per placare il catabolismo mattutino derivante anche dall’assenza di cibo per molte ore) e durante il pasto che precede o segue l’allenamento.

Le proteine whey

Le proteine whey presentano una bassa concentrazione proteica e sono utilizzate come additivi in preparazioni alimentari e poco come integratori alimentari per sportivi.

Le proteine whey concentrate

La proteina whey concentrata è invece un integratore molto importante per gli sportivi. Pur rimuovendo l’acqua, il lattosio, la cenere e alcuni minerali, la lavorazione del siero di latte “concentrato” non ne altera la composizione e preserva le proteine più biologicamente attive.

Le proteine whey isolate

Sono integratori alimentari proteici molto puri che possono contenere il 90% o più di proteine. I processi di purificazione consentono la rimozione di gran parte dei grassi e del lattosio, rendendoli così prodotti adatti anche a chi manifesta un deficit di lattasi intestinale.

Sebbene l’elevato grado di purezza delle whey protein isolate le renda particolarmente valide come integratore proteico, non dobbiamo dimenticare che il trattamento al quale è sottoposto il siero, in questo caso altera profondamente la struttura delle proteine native riducendone quindi l’efficacia.

Lo schema seguente riassume le caratteristiche delle varie proteine appena descritte.

COMPONENTEWHEY PROTEINWHEY CONCENTRATEWHEY ISOLATE
Proteine 11-14,525-8990+
Lattosio63-7510-550,5
Grassi1-1,52-100,5

Le caseine

Sono le proteine che costituiscono il 70-80% delle proteine del latte. La caseina è una proteina completa e particolarmente ricca di calcio e fosforo. Si presenta come struttura micellare e forma facilmente un coagulo a livello dello stomaco nel momento in cui viene ingerita. Il coagulo condiziona il tempo di rilascio degli amminoacidi costituenti, rallentandolo anche per diverse ore.

Ciò è particolarmente importante quando si ha la necessità di una copertura amminoacidica a livello muscolare prolungata nel tempo.

Alla luce delle attuali evidenze che non supportano la necessità di fornire continuamente proteine per mantenere lo stato anabolico (es. digiuno modificato) e le numerose discussioni sulla presunta “tossicità” della caseina (ruolo in alcuni tumori, intolleranza alla caseina, ruolo nell’intestino permeabile ecc…), la popolarità delle caseine come integratori alimentari proteici negli ultimi anni si è ridotta notevolmente.

Il loro ruolo, tuttavia, può essere importante come nutrimento prima di coricarsi per gli atleti con metabolismo rapido e/o in forte restrizione calorica.

Le proteine vegetali: la soia

La proteina più usata, isolata dalla farina di soia, è la cosiddetta proteina fibrosa vegetale (TVP).

La sua qualità è buona e si colloca sempre su valori alti (il valore di Protein Efficiency Ratio è di 2,2 contro il valore di 3,2 della whey protein) o altissimi (il valore di Protein Digestibility Corrected Amino Acid Score è di 1 contro il valore 1 della whey protein).

La sua valenza, tuttavia, può differire in base metodi di analisi utilizzati.

Le proteine della soia interessanti come integratori proteici, sono:

  • proteine concentrate della soia con titolo proteico pari al 70% del peso;
  • proteina della soia isolate con titolo proteico pario al 90% del peso.

Vantaggi e svantaggi delle proteine della soia

La soia e le sue proteine sono da tempo considerate alimenti estremamente salutari per la presenza di fitosteroli, saponine e isoflavoni.

Di tutti i costituenti non proteici quelli che hanno avuto più attenzione sono sicuramente gli isoflavoni. Diversi studi dimostrano che tali molecole sono in grado di ridurre le concentrazioni di colesterolo LDL (il c.d. “colesterolo cattivo”) e di aumentare l’elasticità dei vasi, migliorando così la pressione sanguigna.

In base ad alcuni studi condotti sulla popolazione femminile, i prodotti a base di soia, comportandosi come estrogeni deboli e modulando di conseguenza l’attività recettoriale, sembrano in grado di ridurre l’incidenza del cancro al seno, di prevenire le malattie ossee, di abbassare gli effetti della dismenorrea (mestruazioni dolorose) e della sindrome climaterica (assieme dei sintomi tipici della menopausa).

L’assunzione di proteine della soia, inoltre, può contribuire alla riduzione di DHT (diidrotestosterone) nell’uomo, noto ormone implicato nella caduta dei capelli (alopecia androgenica) e nello sviluppo dell’ipertrofia prostatica.

Un aspetto da considerare è senz’altro la sua spiccata azione antiossidante e anticatabolica. Sebbene tale azione possa avere un potenziale effetto positivo sull’atleta (protegge il muscolo dalla degradazione indotta dall’esercizio), essa non favorisce l’aumento della massa muscolare.

Infatti più il muscolo è “protetto” durante l’esercizio più si svilupperà meno nel recupero.

Pur possedendo un profilo di alta qualità, le proteine della soia non presentano una capacità di stimolare la sintesi proteica paragonabile a quella delle whey e di altre proteine come quelle della carne.

In conclusione, l’uso degli integratori alimentari proteici a base di soia potrebbe essere interessante in fase di definizione muscolare, quando la restrizione calorica e l’intenso esercizio può indurre un forte catabolismo con conseguente perdita di preziosa massa muscolare.

Le proteine dell’uovo

Prima dell’avvento delle sieroproteine, le proteine dell’uovo erano un punto di riferimento nella supplementazione proteica. Gli amminoacidi solforati di cui sono particolarmente ricchi conferiscono a queste proteine un profilo del tutto particolare. Tuttavia non sono quasi più usate a causa del loro particolare sapore e del costo elevato.

Le proteine della carne

Sono le neonate proteine estratte da pollo o manzo e idrolizzate. Presentano una valenza del tutto analoga a quella delle carne da cui derivano e possono vantare un profilo qualitativo eccelso. Non sempre, tuttavia, il loro costo è competitivo.

Conclusioni

Con questo articolo abbiamo cercato di fornire informazioni utili al lettore sugli effetti di alcuni dei più comuni integratori alimentari proteici in commercio. Abbiamo anche tentato di sfatare alcuni miti e leggende che avvolgono talvolta il settore dell’integrazione alimentare.

L’integratore, se usato correttamente e contestualizzato in una bilanciata dieta, può rappresentare un valore aggiunto non solo per l’innalzamento della performance atletica ma anche e soprattutto per il miglioramento dello stato di salute da cui non si deve mai prescindere.

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Andrea Biasci: Project nutrition.

Il ruolo delle proteine nell’allenamento con i pesi

proteine e allenamento

Le proteine sono, da sempre, l’elemento nutrizionale più discusso e spesso sopravvalutato nella dieta dell’atleta, con particolare riferimento all’allenamento con i pesi.

In questo articolo cercheremo di spiegare, alla luce delle nostre attuali conoscenze, le basi teoriche e pratiche relative a questi importanti composti, con un occhio rivolto come sempre alla salute e al benessere.

In un successivo articolo analizzeremo, invece, le varie tipologie di integratori proteici in commercio confrontandoli con gli alimenti solidi.

A cosa servono le proteine?

Le proteine sono formate da amminoacidi, ovvero da molecole contenenti carbonio, idrogeno, ossigeno ed azoto.

Gli amminoacidi sono i principali componenti del muscolo e di altri tessuti del corpo. Sono anche utilizzati per produrre ormoni, enzimi ed emoglobina.

proteine e allenamento

Sono stati identificati 20 amminoacidi necessari per la crescita e il metabolismo umano. Dodici di questi amminoacidi (undici nei bambini) sono definiti non essenziali, il che significa che possono essere sintetizzati dal nostro corpo e non devono essere obbligatoriamente assunti con la dieta.

Gli amminoacidi essenziali, al contrario, non possono essere sintetizzati nel corpo e dunque devono essere per forza assunti tramite gli alimenti. L’assenza di uno di questi amminoacidi può compromettere, infatti, la capacità dei tessuti di crescere o ripararsi.

Come fonte di energia, il ruolo delle proteine nell’allenamento con i pesi è senz’altro secondario rispetto a quello di carboidrati e grassi, ma è altrettanto fondamentale se considerato da un altro punto di vista che approfondiremo tra poco.

Come si misura la qualità di una proteina

Le proteine presenti negli alimenti non sono tutte uguali.

La principale differenza risiede nella digeribilità proteica, nella biodisponibilità degli amminoacidi e nella completezza dello spettro amminoacidico che le costituisce.

Diverse sono le tecniche e le scale che permettono di valutare la “performance proteica”. Uno dei metodi più validi per misurare la valenza e quindi l’“efficacia” di una proteina è il “punteggio di amminoacidi corretto per la digeribilità della proteina”.

Senza entrare nei dettagli di tale metodica di valutazione qui di seguito vi riportiamo i punteggi associati alle differenti fonti proteiche che abbiamo deciso di prendere in esame.

TIPO DI PROTEINA PUNTEGGIO DI AMMINOACIDI CORRETTO PER LA DIGIRIBILITÀ PROTEICA
Carne di manzo0.92
Fagioli neri0.75
Caseina (proteina del latte e del formaggio)1.00
Uova1.00
Latte1.00
Arachidi0.52
Proteina della soia1.00
Glutine di grano0.25
Proteina del siero del latte1.00

COME LEGGERE LA TABELLA

La scelta dovrebbe essere indirizzata verso le proteine con punteggio più elevato: tra queste spiccano le proteine della carne, dell’uovo, del latte e dei formaggi che dovranno dunque costituire le fonti proteiche principali dell’atleta. Al contrario le proteine del grano e in particolare il glutine non sono complete e pertanto non efficaci.

Proteine e allenamento con i pesi: in quali quantità?

Se la quantità di proteine raccomandata per una persona sedentaria sana è di circa 0,8 grammi per kg di peso corporeo al giorno (d’ora in avanti gr/kg/die), quantitativo senz’altro sufficiente per garantire il giusto apporto di amminoacidi essenziali e non per un individuo adulto, la stessa quantità può non essere sufficiente per un atleta di potenza o che svolge attività fisica finalizzata all’accrescimento muscolare in perfette condizioni di salute.

La maggiore quantità di proteine è necessaria a causa dell’aumento dell’ossidazione proteica muscolare, della degradazione durante l’esercizio e al fine di integrare la resintesi proteica e di attenuare la degradazione nella fase di recovery post-esercizio.

Per gli atleti che svolgono esercizi di potenziamento muscolare è richiesta una maggiore quantità di proteine, pari a 1,6-1,7 gr/kg/die.

Una valutazione dell’effettiva quantità proteica necessaria andrebbe tuttavia definita in base al restante apporto di nutrienti nella dieta e in particolare dei carboidrati, verificando la qualità delle proteine ingerite e, in minor misura, il momento della loro assunzione (timing).

Ad esempio le quantità proteiche possono essere riviste al ribasso o al rialzo in base all’effettivo apporto glucidico e calorico. Studi accreditati dimostrano infatti che in condizioni di esercizio ad alta frequenza e/o intensità il fabbisogno proteico giornaliero può raggiungere anche i 2 gr/Kg/die.

Quando assumere proteine?

L’assunzione di proteine tramite alimenti è ovviamente necessaria nel giorno dell’allenamento e nei giorni successivi.

Tale apporto, tuttavia, risulta ancor più importante durante le ore precedenti la sollecitazione muscolare e in quelle immediatamente susseguenti.

proteine e allenamento

Differenti studi, nonché la International Society of Sport Nutrition, sottolineano che l’assunzione di proteine di qualità e quantità adeguate (combinate con i carboidrati) dovrebbero precedere e seguire l’allenamento e, nei casi di allenamento particolarmente prolungato, essere somministrate anche durante il training.

Ciononostante non è possibile affermare con certezza che esista una “finestra anabolica”, ovvero un periodo definito di circa un’ora, nel post allenamento, in cui sia essenziale assumere proteine al fine di massimizzare la risposta anabolica all’esercizio.

Non dobbiamo infatti dimenticare che buona parte degli studi sono stati effettuati in un contesto di digiuno temporaneo (es. allenamento al risveglio mattutino, in stato di digiuno, oppure effettuato dopo 5 o 6 ore da un pasto completo).

Differenti studi evidenziano che l’assunzione di sufficienti quantità di proteine tramite un pasto completo ma non eccessivamente ricco, dovrebbe sempre precedere l’allenamento (1-2 ore) in modo da nutrire il muscolo prima, durante e dopo il training.

L’attuale orientamento prevede inoltre un pasto (in particolare a base di carboidrati e proteine) nel periodo successivo alla prima mezz’ora post-training, in quanto si è visto che la durata della finestra anabolica è ben più lunga di un’ora.

Proprio per questo l’attenzione dovrebbe essere rivolta più alla quantità di proteine assunte nella giornata che non al timing.

La sicurezza di quantitativi elevati di proteine nella dieta: il danno renale

Per concludere questa breve trattatazione sul ruolo delle proteine nell’allenamento con i pesi non possiamo non dedicare un piccolo spazio alla questione del danno renale legato proprio all’assunzione di proteine.

In realtà, sebbene il danno renale correllato all’uso eccessivo di proteine alimentari sia stato evidenziato da tempo nei soggetti malati di insufficienza renale cronica (ipotesi di Brenner o danno da iperfiltrazione del nefrone, ovvero dell’unità funzionale del rene) e la riduzione dell’apporto proteico limiti effettivamente il deterioramento renale progressivo, non si può dire che le stesse osservazioni siano state rilevate su soggetti sani, sedentari o atleti (Poortmans e Dellalieux e Brändle et al.).

Uno studio quasi sperimentale condotto su atleti di forza (Lowery et al.) trattati con diete iperproteiche non ha evidenziato alterazioni di parametri (ematici e non) di funzionalità renale (clearance della creatinina e microalbuminuria urinaria) rispetto a una popolazione di controllo.

Gli autori dell’articolo Dietary Protein and Strength Athletes affermano che un’assunzione proteica di 3 gr/kg/die in soggetti sani è sicura per un periodo fino a 10 anni.

In attesa di ulteriori e più approfonditi studi che dimostrino la completa sicurezza di tali pratiche è comunque consigliabile attenersi a quantitativi più congrui di proteine (da 1,5 a 2 gr pro/kg/die al massimo).

Bibliografia Essenziale

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Lowery, Lonnie PhD; Edel, James F. BS; McBride, Isaiah M. B: Dietary Protein and Strength Athletes. Strength and Conditioning Journal: August 2012 – Volume 34 – Issue 4 – p 26–32

I minerali nell’alimentazione dello sportivo (e non solo)

minerali alimentazione sportivo

I sali minerali, o più correttamente gli oligoelementi, sono sostanze le cui funzioni sono a noi conosciute solo in parte.

Tuttavia il manifestarsi nel corso del tempo di patologie dovute alla loro carenza o accumulo eccessivo ne ha messo in luce la loro importanza per l’organismo.

Riallacciandoci all’articolo sull’alimentazione nello sport pubblicato qualche settimana fa, qui cercheremo di capire meglio, appunto, come funzionano questi elementi e in che modo possono essere utili per l’organismo, anche in prospettiva di una loro corretta supplementazione attraverso l’uso degli integratori.

Macro-minerali e Micro-minerali

Le principali fonti di minerali disponibili in natura sono l’acqua, specie se minerale (alla quale dedicheremo un’opportuna trattazione), e gli alimenti, sia di origine vegetale che animale.

In base al quantitativo assunto normalmente attraverso un corretto regime alimentare, possiamo distinguere tra macro-minerali (sodio, cloro, potassio, magnesio, calcio, zolfo e fosforo) e micro-minerali (ferro, iodio, rame, zinco, fluoro, selenio, manganese, litio, molibdeno, nichel, silicio, cobalto, cromo).

Qui di seguito tratteremo le funzioni di alcuni di essi e in particolare di quelli contenuti nei principali integratori in commercio.

Il calcio

Concentrato nei denti e nelle ossa, il calcio svolge un’importante funzione plastica e concorre al mantenimento dell’equilibrio acido-base, alla coagulazione del sangue, alla trasmissione dell’impulso nervoso, alla regolazione della pressione arteriosa, all’attivazione degli ormoni e degli enzimi digestivi, nonché alla contrazione e al rilassamento delle cellule muscolari.

Il fabbisogno di calcio aumenta considerevolmente in certe situazioni fisiologiche (attività fisica intensa, gravidanza, accrescimento) e patologiche, come le fratture o l’immobilizzazione prolungata.

Il fabbisogno ottimale medio giornaliero di calcio è di circa 800 mg-1000 mg, ma in alcune particolari circostanze può arrivare sino a 1200 mg (nei giovani, nelle donne incinta e in fase di allattamento) e a 1500 mg nelle donne in menopausa senza trattamento con estrogeni.

L’uso di alimenti ricchi di fibre con elevato apporto di acido ossalico (come spinaci e pomodori), l’assunzione eccessiva di alimenti grassi, il fumo di sigaretta e l’abuso di alcool rappresentano le principali cause di riduzione dell’assorbimento di calcio da parte dell’organismo in assenza di patologie.

minerali alimentazione sportivo

Questo provoca una “reazione” da parte del corpo che, al fine di rendere il calcio disponibile nel sangue e quindi nei tessuti, lo rimuove dalle ossa attraverso un processo di decalcificazione. Se non adeguatamente trattato tale deflusso di calcio dalle ossa può culminare nella riduzione della massa ossea e nella sua demineralizzazione.

I principali alimenti ricchi di calcio sono il latte ed i latticini, i legumi ed alcune acque minerali (le cosiddette “bicarbonato-calciche”). In genere negli atleti che hanno una alimentazione equilibrata non è necessaria alcuna supplementazione di calcio. Tuttavia per quelli che non riescono ad assumere latte e latticini attraverso la dieta, ad esempio per intolleranza ai medesimi, può essere necessaria una congrua assunzione di acqua bicarbonato-calcica in quantità adeguate.

La supplementazione di calcio (a basso dosaggio) attraverso l’uso di integratori dovrebbe essere gestita con estrema attenzione da parte di quegli atleti che ne sono carenti.

La supplementazione infatti può comportare alcuni rischi come ad esempio l’aumento dell’incidenza di alcune tipologie di calcolosi alle vie urinarie (calcolosi da citrato di calcio) o disturbi gastrointestinali.

Il fosforo

In combinazione con il calcio si trova nella ossa e nei denti, nei muscoli (creatinfosfato) e nel cervello (fosfolipidi). Il suo fabbisogno giornaliero è di un grammo circa ma, alcuni alimenti contenenti acido fitico (cibi integrali, broccoli..), l’abuso di alcool, nonché l’eccesso di calcio e magnesio, possono ridurne l’assorbimento intestinale. La carenza di fosforo, come il suo eccesso, è una condizione assai rara in un soggetto sano, per cui non occorrono integrazioni o manovre correttive.

Il magnesio

Il magnesio è un minerale intracellulare (ovvero si trova prevalentemente all’interno delle cellule) la cui carenza, proprio per la sua localizzazione, è poco frequente. Tuttavia il quantitativo giornaliero di magnesio che uno sportivo amatoriale dovrebbe assumere per far fronte al turnover fisiologico è al massimo di 0,5 gr. I cibi integrali, la frutta secca e i legumi in particolare ne sono ricchi.

Recenti evidenze scientifiche suggeriscono che sue carenze o sub carenze, possono essere correlabili alla fatica non fisiologica (la cosiddetta Sindrome da fatica cronica).

In alcune particolari condizioni di stress, programmi di allenamento eccessivamente prolungati e/o intensi possono causare una perdita notevole di magnesio che si manifesta con astenia generale, debolezza, crampi ed una generale tendenza all’overtraining o superallenamento.

Pertanto l’uso di integratori di magnesio è consigliabile in condizioni di elevato stress, associate principalmente alla perdita di acqua corporea sotto forma di sudore, e in allenamenti svolti in condizioni ambientali sfavorevoli (elevata temperatura e umidità).

Il ferro

Il ferro è uno dei minerali più conosciuti e ha un ruolo fondamentale nella composizione dell’emoglobina (proteina che trasporta l’ossigeno all’interno dei globuli rossi) e della mioglobina (che assorbe l’ossigeno all’interno dei muscoli). La sua carenza determina anemia microcitica o da deficit di ferro.

Le donne e gli sportivi sono generalmente più soggetti a tale forma di deficit: nello sportivo è legato alla maggiore distruzione di globuli rossi a seguito dell’impatto della pianta del piede con il terreno e della compressione nei piccoli vasi (dovuta alla contrazione muscolare) ma anche alla perdita di ferro attraverso la sudorazione, le urine o le perdite intestinali.

Tuttavia, più spesso, si osserva nello sportivo una forma di pseudo-anemia definita da diluizione, in quanto conseguenza dell’aumento della parte fluida (non corpuscolata) del sangue come fenomeno adattativo positivo al training.

La sua supplementazione deve essere dunque calibrata sia per evitare inutili sovraccarichi, sia per scongiurare fenomeni tossici derivati da sovradosaggi; non dobbiamo infatti dimenticare che il ferro può essere tossico, se somministrato in quantità eccessiva, in quanto tende ad essere accumulato e non smaltito facilmente attraverso le feci o le urine.

Il ferro più assimilabile è contenuto all’interno delle carni mentre quello contenuto nei vegetali e nell’uovo è, in generale, meno disponibile. Il ferro, specie se contenuto nei vegetali, può essere reso più disponibile con l’aggiunta di vitamina C (ad esempio con l’uso di succo di limone come condimento).

La quantità ottimale da assumere è di circa 10 mg al giorno nell’uomo e il doppio nella donna in stato premenopausa. In genere non sono necessari supplementi di ferro nello sportivo amatoriale maschio mentre può essere integrato nell’atleta femmina, quando si evidenziano carenze specifiche (attraverso opportuni test ematici), preferibilmente secondo indicazioni mediche.